Musica

La musica nell'anima: l'iPod ha cinque anni

La musica nell'anima: l'iPod ha cinque anni

«Da oggi, ascoltare la musica non sarà più la stessa cosa». Cinque anni fa, oggi, quando Steve Jobs pronunciò queste parole presentando uno strano oggetto chiamato iPod, sembrò il solito marketing hype che il capo di Apple sa usare come pochi altri. Nessuno lo prese davvero sul serio. Anzi, il gruppazzo di esegeti della Mela con gli occhi incollati da giorni sui siti di indiscrezioni, reagì con un certo fastidio alla novità.

Era solo un altro lettore mp3. Un altro, perché Apple non arrivava certo prima su questo mercato, relativamente fresco ma già affollato di prodotti. La musica digitale non era nata il giorno prima, e persino la sua incarnazione più recente, quella resa possibile dal formato mp3, stava ormai avvicinandosi ai dieci anni di vita.

Eppure la musica portatile digitale restava anonima, un´estensione aggiornata del walkman, un po´ più pratica ma, tutto sommato, non molto diversa. Cinque anni fa c´era ancora gente che girava con i lettori di cd portatili e trovava che fosse perfettamente normale. Non parliamo di chi ancora si portava dietro i walkman a nastro.

Anche il walkman, come l´iPod, è associato indissolubilmente a chi lo creò, Sony, e come per l´iPod, l´accoglienza fu al più scettica. Scrive Tom Hornby sul sito Orchard che i critici dell´epoca facevano notare come i lettori di cassette portatili di maggior successo - perché anche il lettore Sony non fu il primo - avevano venduto al massimo 15mila unità. I giapponesi produssero inizialmente 30mila walkman. Li vendettero in un mese e in dieci anni ne misero sul mercato 50 milioni.

Forse le radici dell´iPod affondano proprio nel 1979, l´anno in cui apparve il piccolino con le cassette a nastro. Non c´è dubbio che la generazione di Steve Jobs abbia impattato direttamente con quest´oggetto. Una generazione per la quale la musica era molto, moltissimo come riconosce lo stesso Jobs in una recentissima ed inusuale intervista a Newsweek. «Sono stato molto fortunato a crescere in un tempo in cui la musica contava davvero – dice il fondatore della Apple a Steven Levy – Non si trattava di qualcosa che stava in sottofondo, per un´intera generazione è stata qualcosa di davvero importante. Qualcosa che ha cambiato il mondo. Penso che la musica avesse perso un po´ di importanza e l´iPod ha aiutato a riportarla nella vita della gente in maniera davvero significativa».

Certo, quando nasce, l´iPod trova un´America ripiegata su se stessa ed un mondo sconvolto. L´11 settembre, Ground Zero, stanno lì e nessuno sembra aver voglia di pensare ad altro che non sia la tragedia e la vendetta. Chi poteva pensare di essere così visionario, così temerario da cercare di sovrastare i tamburi di guerra? Eppure, per fortuna, qualcuno c´è stato: iPod fu. Con uno strano destino anche nel suo nome. «Pod» in inglese significa contenitore, involucro. Pare che alla Apple abbiano usato questo nome perché era già stato registrato, sia pure per tutt´altra cosa. Ma il «pod», per chi bazzica tra le cose della guerra, sono per esempio anche i gusci che tengono alcune armi sotto le ali degli aerei, quelli che portano ad esempio le bombe a grappolo che uccidono anni dopo che le hanno sganciate.

Ma a quei «pod» manca quella «i», che forse vuol dire «io»: «i pod», mi ci metto io. L´involucro della mia anima tradotta in musica, la cosa terrena che ci va più vicina.

Eppure, l´iPod non era nulla di straordinariamente nuovo quando apparve. Almeno dal punto di vista strettamente concettuale, era un banale riproduttore di musica digitale. La taiwanese Creative stava sul mercato con un prodotto analogo già molti mesi prima di quel 23 ottobre 2001. E anche le tecnologie dentro il primo iPod non erano in maggior parte farina del sacco di Cupertino. Se vi interessa approfondire l´argomento andate a leggervi Leander Kahney (autore del libro The Cult of iPod) su wired.com e scoprirete come dall´hard disk di Toshiba, al chip di PortalPlayer, al sistema operativo di Pixo, insomma gran parte di quello che stava nel primo iPod non sia stato creato a Cupertino.

Ora, senza voler dare l´idea di essere troppo relativista il che potrebbe dispiacere al Papa tedesco e al suo amico Marcello Pera, a essere pignoli neppure Adamo era qualcosa di assolutamente nuovo quando mise il naso fuori dal Paradiso terrestre. Erano quasi tutte tecnologie già note. Ma alle quali mancava, diciamo così, l´anima.

Anche l´iPod ha qualcosa in più, qualcosa che nessuno degli altri ha e che spiega perché in cinque anni ne siano stati venduti 80 milioni, di cui 39 nel solo 2006 e che oggi oltre il 70 per cento del mercato dei lettori digitali sia controllato da Apple.

Il di più è quell´impalpabile leggerezza che lo avvolge e che coinvolge chi lo usa. L´essenzialità assoluta delle forme, soprattutto in quella incarnazione recente che è il Nano, corrisponde alla riduzione estrema dei controlli, dei tastini, delle manopole, degli interruttori. Decine negli altri. Uno solo qui, una rotellina che non gira ma reagisce al tocco. Un solo gesto per tutto, nulla da memorizzare. Il primo momento è di sconcerto: uno cerca il play e il fast forward, l´on e l´off.

Poi si realizza che l´esperienza è l´unica maestra, si viene assorbiti in un karma Zen che porta lentamente all´illuminazione. E ad essere prigionieri della piccola magia che teniamo tra le dita. A quel punto resta la musica, nient´altro che la musica.